Non penso, dunque sono!
Faccia a faccia col potere, la coscienza personale avverte il suo limite e nel contempo il desiderio di libertà che caratterizza l’esistenza. Se la paura o il calcolo prendono il sopravvento la persona perde la sua dimensione costitutiva. È difficile marcare il confine tra l’autorevolezza e la prepotenza del potere che ama travestirsi e mostrare la maschera della finta compassione e dell’aiuto ai deboli in cambio della loro libertà.
Tutta la nostra dignità sta nel pensiero! avvertiva Pascal, grande ricercatore di senso. Il potere invece non ama il pensiero libero e critico.
Cento anni fa, il 18 Gennaio del 1919, un gracile prete di Caltagirone, Luigi Sturzo, cresciuto per alcuni anni nel Seminario di Noto al tempo del Vescovo Blandini, lanciava un appello agli uomini liberi e forti. Non una libertà astratta quella auspicata da Sturzo ma nell’orizzonte della città e dell’arte che ne governa i conflitti e la crescita umana: la politica.
Sturzo appare inattuale, una voce lontana che a suo tempo scontentò tutti, clericali e amanti dello Stato totalitario che da lì a poco avrebbero dato vita alla dittatura mussoliniana. Anche nel secondo dopoguerra la laicità di Sturzo lo consegnò ad un ruolo ininfluente. Il suo messaggio, privo di recinti ideologici, appare oggi la via di una buona utopia che promuove il pensiero, la ricerca di soluzioni concrete come le sue Casse rurali e Artigiane, che non si accontenta di sbandierare grandi principi come il bene comune, ma li cala in realtà lacerate e bisognose di soluzioni concrete. La democrazia di Sturzo, lontana dal populismo assembleare, richiede una società civile attenta, consapevole e vigile, in una sola parola, fatta da persone pensanti.
di Salvatore Vaccarella