Con la crisi dietro l’angolo
“Se si va avanti così, si va a sbattere”. È questa la frase che da anni viene formulata in ogni ambiente politico ed economico. Sia che il governo si tinga di giallo-verde, sia che assuma i colori giallo-rosso, le dinamiche sono sempre le stesse: si litiga su tutto e si tende a rinviare i problemi. Anche sul fronte dell’opposizione, i comportamenti sono sempre gli stessi: si critica il governo a prescindere e si chiedono le elezioni anticipate. E così, fra richiesta di elezioni anticipate e elezioni periodiche, da due anni passiamo il tempo a inseguire i sondaggi elettorali e a giocare alle elezioni. E continueremo a farlo per almeno altri sei mesi. Già si stanno scaldando, infatti, i motori per le elezioni regionali del prossimo 31 maggio, quando si voterà in Liguria, Puglia, Veneto, Toscana, Marche e Campania. Chi si azzarda, in queste condizioni, a prendere decisioni che potrebbero scontentare qualche fascia di elettori? Prima si voti e poi si decida, come è accaduto fino ad oggi. E siccome si vota continuamente e non si chiede altro che andare a votare, da due anni ogni decisione viene rinviata e il Paese rimane fermo e piatto. Ad animare le scene ci pensano, da una parte Salvini, che è riuscito a diventare, con i suoi piatti forti – l’immigrazione su tutti – il protagonista delle cronache giornaliere. Dall’altra parte, Matteo Renzi, che non perde occasione, anche lui, per cantare fuori dal coro. Prima favorisce la formazione del secondo Governo Conte, poi esce fuori dal PD, del quale è stato Segretario e grazie al quale ha potuto rivestire i panni di Premier; quindi fonda Italia viva e, per accrescere la sua visibilità, minaccia quotidianamente la crisi di governo. Su un altro fronte, il Coronavirus che, con la sua drammaticità, ci riporta alla realtà che, purtroppo, è più seria e grave del teatrino della politica italiana. Un teatrino che ha raggiunto il massimo della drammaticità in occasione dell’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini per il presunto sequestro della nave italiana Gregoretti. Se è vero che si è trattato di un adempimento dovuto, quello che offende è il modo con cui il tutto si è svolto. Prima delle elezioni regionali, in commissione, i Cinque stelle e il PD, temendo il giudizio degli elettori, uscirono dall’aula, senza sporcarsi le mani, mentre i sostenitori di Salvini, da lui spavaldamente sollecitati, rimasero in aula votando per l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Dopo le elezioni, lo scorso 12 febbraio, in Senato, le parti si sono invertite: la Lega è uscita dall’Aula per non “condannare“ il suo beniamino, mentre i partiti di maggioranza – 5S, PD, Leu e Iv – sono rimasti in aula, votando per l’autorizzare a procedere. Con l’aggravante che i Cinque stelle hanno tenuto due comportamenti diversi per due casi analoghi. Per il primo, la nave Diciotti, trattato mentre erano al governo con Salvini, si schierarono per la sua “innocenza”; per la nave Gregoretti, con Salvini all’opposizione, hanno votato per l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Non si pretende che i nostri politici mostrino “la saggezza di Re Salomone che chiese al Signore il dono della sapienza per governare il suo popolo” (cfr. Il libro della Sapienza), ma che, almeno, sappiano praticare quel senso di responsabilità che si chiede a chi ambisce a governare il Paese. Non possono permettersi di fare e disfare, di dire e non dire, portando a pretesto l’interesse dei cittadini o la difesa dei confini italiani. Per la Diciotti e la Gregoretti, due navi italiane, in acque italiane, cariche di disperati, quali confini si dovevano difendere? Si rasenta il ridicolo! Perfino taluni esponenti di spicco della Lega, capeggiati dall’onorevole Giorgetti, hanno convenuto sulla opportunità che il loro Leader, nella prospettiva di andare al governo del Paese, cambi atteggiamento per potersi accreditare presso gli organismi esteri! Neppure il tempo di formulare questa raccomandazione, che Salvini, è tornato con un’altra delle sue battute: “O l’Europa cambia oppure non ha più senso di esistere”. Il lupo perde il pelo e non il vizio! Non possiamo rassegnarci a questa classe politica. Dobbiamo adoperarci tutti perché si formino nuove leve, oneste e competenti, per una politica del buongoverno.
di Pino Malandrino