In memoria di Don Corrado Pace
“Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi , per annunciare quanto è retto il Signore…” (Salmo 92,15-16)
Come pensare alla vecchiaia in questi termini quando tutti i nostri giudizi umani sono per l’estrema efficienza ed il pieno benessere delle forze fisiche, psichiche e spirituali? Questa è la logica efficientistica di valutazione della persona e della sua vita umana nel senso di produttività ed in termini quasi di “economia aziendale” ma certamente non risponde ai criteri evangelici e pastorali. Quando si può dire che un sacerdote giova alla Chiesa: quando è un ministro pastoralmente attivo in salute e nel vigore delle sue forze oppure il suo essere “dono” per Dio e la Sua Santa Chiesa è prezioso, valido e fruttuoso anche se fisicamente immobile, paralizzato, incosciente almeno apparentemente? Vorrei ricordare con grande tenerezza gli ultimi anni ed in particolare gli ultimi giorni di Don Corrado Pace, parroco da sempre del Santuario del Carmine di Ispica. Sacerdote e parroco esemplare, dedito alla cura delle anime a tempio pieno, uomo di Dio innamorato della Madonna del Carmine e della spiritualità carmelitana, devoto dello scapolare e della protezione di Maria Santissima, uomo e prete solo, mai accompagnato da persone di famiglia, accudito e servito come padre e capo famiglia dalla grande famiglia parrocchiale del quartiere del Carmine; amico e padre di intere generazioni, umile e mite sacerdote dedito alla preghiera e alla solitudine, vissuta quale spazio di ascesi spirituale e di aiuto per quanti potessero avere bisogno di consiglio e direzione spirituale. Un sacerdote all’antica, di altri tempi, potremmo definirlo oggi, uno che, fino a pochi anni fa, non si faceva scrupolo, animato dal rigore zelante sacerdotale di chi crede e vive la sacralità del luogo Santo, di redarguire con umile fermezza le persone che andavano indecentemente vestite in chiesa o si accostavano ai sacramenti in vesti succinte ed ampie scollature ritenute quasi dissacratorie… mentalità chiusa, gretta o finezza d’animo sacerdotale nel riconoscere che ogni ambiente va rispettato con decoro e decenza appropriate, custode di costumi ed usi ritenuti, forse oggi antiquati e poco rispondenti alle nuove forme di apertura in chiesa soprattutto riguardo alle cerimonie di battesimi e matrimoni in particolare. Era capace di richiamare alla memoria nella sua predicazione i temi della morte e della vita eterna per esortare alla conversione, con riferimento al Paradiso ed all’inferno, di cui oggi, purtroppo, non si parla più dall’ambone, come se appartenessero a tematiche desuete. La sua mitezza ed umiltà profonda di vivere sotto lo sguardo della Trinità e di Maria Santissima hanno fatto di don Corrado Pace un sacerdote pienamente donato a Dio e ai fratelli in un servizio pastorale di vicinanza al suo popolo e alle anime a lui affidate e seguite con delicatezza e paternità responsabile. Ha vissuto la sua malattia con serenità e pace coerentemente con quanto professato in piena salute e compiendo sino all’ultimo respiro la volontà di Dio in conformazione al Cristo, povero e crocifisso.
Grazie, padre Pace, per la tua testimonianza viva e vera del tuo sacerdozio vissuto in fedeltà al mandato di Cristo e della Sua Chiesa. Ispica e noi tutti ed in particolare, “u cuozzu ‘u Carminu”, ti diciamo grazie con grande affetto e rendiamo gloria a Dio per la tua fedeltà.
In cielo continuerai a pregare per noi.
di Carmela Giurdanella