CON IL NOSTRO VESCOVO ELETTO SALVATORE

Abbiamo atteso il nuovo vescovo nella preghiera e nella preghiera è avvenuta la comunicazione della sua nomina. Da quel momento, nella liturgia eucaristica, preghiamo “in comunione con il vescovo eletto Salvatore”: diventa il modo più vero e più bello di conoscerlo! La preghiera purifica tutto ciò che resta umano, “troppo umano”, “mondano” o “psicologico”, e ci colloca tutti nel cuore di Dio e nell’azione dello Spirito, “che agisce nel piccolo e nel nascondimento”. La preghiera permette di avverti re l’agire provvidente di Dio e di dargli quella priorità nell’iniziati va che ci aiuta vivere i nostri rapporti – e quindi anche i rapporti con il nuovo vescovo – con trasparenza, rispetto, lealtà, sincero affetto, commossa grati tudine. “Da discepoli”, come ci ha detto come Mons. Rumeo nella sua lettera alla diocesi. Insieme alla preghiera la commozione! L’abbiamo avvertita nel nostro nuovo pastore e ci siamo commossi man mano che abbiamo ricevuto le sue parole, semplici e profonde, soprattutto quando si è affidato alla maternità della nostra Chiesa. Abbiamo pensato a quella maternità ecclesiale che si esprime nella fede forte e affettuosa di tante mamme e papà di famiglia, di tanti nonni e nonne, ma anche nel cammino della nostra Chiesa in cui, tanti tratti , ricordano cura attenta, cura nei dettagli, cura silenziosa, cura preveniente, con quell’umiltà e sapienza che mons. Guccione – per citare solo uno di tanti santi preti che ci hanno formato – sintetizzava nel sentirsi sempre semplici “matite nelle mani di Dio”. E nel riferimento ai giovani, verso cui abbiamo avverti to da parte del nuovo pastore un affetto lungamente coltivato, e ai poveri, guardati con gli occhi e il cuore del buon samaritano, abbiamo colto come la maternità ecclesiale diventi dono coraggioso del Vangelo, in uno scambio di tenerezza e di reciproca fiducia. Man mano nei vari passaggi del messaggio – e poi nei contatti – abbiamo sentito vibrare le corde della pastorale, che resta ciò che è proprio della Chiesa, e della speranza costrutti va, che sa di fede e di amore veri. Non ci appartengono, infatti , da discepoli di Gesù i parametri dell’efficienza, la sterile lamentela e la facile accusa, ma siamo chiamati a declinare i verbi della vita: promuovere, liberare, custodire, educare, amare, sperare. Nel dialogo avviato dal nuovo pastore con la sua Chiesa risuona quindi un rinnovato, convinto e caloroso, invito alla sinodalità, di cui abbiamo avuto esperienza forte nel sinodo diocesano che mons. Nicolosi chiese di continuare nella sinodalità perché – scrisse (e anzitutto testi moniò!) – “la Chiesa non è opera di singoli, fossero pure grandi santi, ma camminare insieme, nell’ascolto anzitutto dei piccoli e dei poveri”. Adesso, nel passaggio di consegne da Mons. Staglianò, che salutiamo con affetto, a Mons. Rumeo, che accogliamo con spirito ecclesiale, viviamo la gratitudine per il ministero del vescovo come colui che ci compagina nella comunione e rinnoviamo la nostra decisione sinodale di vivere la Chiesa locale come “la dimensione prioritaria della nostra vita ecclesiale”, radicati nelle “cose essenziali della fede”, perché il Vangelo si irradi attraverso la nostra vita, attraverso una Chiesa che, in questo tempo di smarrimento e frammentazione, sia quella “casa e scuola di comunione” che aiuti tutti a ritrovare l’originaria chiamata all’unità e alla pace. In comunione con le altre Chiese, a iniziare dalla Sicilia (a questo, nella fede, rimanda avere vescovi figli della nostra Chiesa in altre diocesi e figli della Chiesa di Caltanissetta nella metropolia di Siracusa), e nell’apertura all’umanità tutta, di cui sono segni il gemellaggio con Butembo-Beni e la fraternità con Paganica all’Aquila.

di Maurilio Assenza

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