Dall’oscurità alla luce in mostra al Museo Diocesano
E’ stata inaugurata a Noto, lo scorso 6 aprile, la Mostra ““FULGET CRUCIS MISTERIUM. DALL’OSCURITÀ ALLA LUCE” alla presenza del Vescovo Salvatore e con la presentazione del critico d’arte Prof. Antonio D’Amico.
La mostra che vede l’esposizione di opere dell’artista Giovanni Viola “in dialogo” con alcune opere di chiese e collezioni private, sparse per il territorio diocesano è visibile fino al 30 giugno 2024 presso il museo diocesano (Palazzo Landolina). L’evento è patrocinato dalla Regione Sicilia e dalla Diocesi di Noto ed è a cura di don Stefano Modica, Direttore dell’ufficio diocesano per i Beni Culturali e della Galleria d’Arte Contemporanea Lo Magno.
La mostra racconta l’incontro tra il visibile e il non visibile, tra il cielo e la terra, tra ciò che è tangibile e ciò che non lo è. Presenta un percorso dove si intrecciano opere provenienti dalla Diocesi di Noto, databili tra fine Cinquecento e Settecento, e un ciclo di dipinti di Giovanni Viola, l’artista modicano che con un piglio teologico e spirituale incarna il sentimento religioso dell’uomo contemporaneo. Due opposti si incontrano in Gesù Cristo che, come glorioso cavaliere, cavalca sulle nuvole del tempo e si cala nella storia, dividendola in due parti. Si fa carne e sangue per l’uomo e per la sua immensa misericordia, in visceribus Cristi, si lascia mangiare dall’uomo che nella nostra contemporaneità lo cerca alzando gli occhi al cielo e lasciandosi coinvolgere dai moti del cuore. Gli artisti del mondo antico dipingono e scolpiscono questo mistero dandogli forma umana, così sono arrivati a noi manufatti artistici di grande bellezza e un esempio sono le opere che arrivano dal territorio dalla Diocesi di Noto che si possono ammirare al Museo Diocesano, al piano terreno dello splendido Palazzo Landolina. Il Cristo che si fa uomo e muore in croce per l’uomo è visibile in diversi esemplari ma l’occasione di visitare la mostra è imperdibile per vedere da vicino il bellissimo corpo ligneo seicentesco attribuito all’ambito di Frate Umile da Petralia che proviene dalla Chiesa di Santa Maria del Gesù di Scicli. L’opera è un capolavoro che cattura l’attenzione per la forza evocativa non solo del viso di Cristo ma anche per la scarnificazione anatomica che pervade tutto il corpo. La forza evocativa della pietas che scaturisce dal viso emaciato e stremato, fanno dell’Ecce Homo della Chiesa del Santissimo Crocifisso di Noto un altro assoluto capolavoro ligneo che potrebbe essere stato eseguito a fine Cinquecento, sulle spire dei dettami conciliari, verosimilmente da un anonimo maestro spagnolo. La preziosa pietra incarnata di Trapani, l’alabastro rosa, è la materia con la quale è stato invece scolpito all’interno della bottega dei fratelli Tipa, nel cuore del Settecento, lo struggente Cristo deposto che solitamente è custodito a Modica nella Basilica del Santuario Madonna delle Grazie. Silenzioso e maestoso s’erge sopra un giaciglio dove il sonno della morte tra poco lo desterà per risorgere a nuova vita. Quella luce qui assorbita ed emanata allo stesso tempo dall’alabastro diventa corpo nel Cristo Redentore che si può vedere a chiusura della mostra che ricalca l’esemplare dipinto da Guido Reni nel Seicento. Modellati con la duttilità della cera sono invece i due Crocefissi anatomici di collezione privata, certamente settecenteschi, verosimilmente di scuola siciliana, che permettono agli increduli di poter scrutare dentro al costato del Cristo per confermare la sua natura umana. Ma se l’arte antica ha messo in evidenza la fisicità dell’uomo Dio, nella nostra epoca gli artisti fanno ricorso a ciò che vedono a occhio nudo e non più al mistero dell’incarnazione. Così, in un intreccio armonico tra antico e contemporaneo, s’incontrano nelle sale le visioni lenticolari dei cieli di Giovanni Viola che appaiono come riflessioni teologiche che indagano l’ineffabile, tentando di attraversare la materia per incontrare l’Eterno e restituirlo con ciò che è visibile a chiunque. Le nuvole di Giovanni Viola sono traiettorie, sono visioni oniriche che restituiscono danze nei cieli, costruite con minute e sottili pennellate che le modellano come carezze nei sogni. Le sue tele palesano viaggi della mente che conducono dentro l’amore che ha cambiato l’esistenza dell’uomo. Sono la manifestazione di Dio, così come lo è Gesù di Dio nelle opere seicentesche. L’effetto pittorico vigoroso che Viola cerca e ottiene è quello del vento, del Ruah, che soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito. Giovanni Viola con i suoi dipinti e con questa mostra vuole farsi portavoce di una verità, di un messaggio sottile che auspichiamo arrivi al cuore della gente.
Antonio D’Amico