Credi tu questo?

Ottavario di Preghiera per l’Unità dei Cristiani

L’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani riveste quest’anno un carattere particolare, perché nel 2025 ricorrono i 1700 anni dalla celebrazione del Concilio di Nicea. Per l’occasione il tema scelto come spunto per la riflessione delle comunità cristiane riprende la domanda che Gesù rivolse a Marta davanti alla tomba di Lazzaro: «Credi tu questo?». È un invito a recuperare il Simbolo niceno come confessione della fede della Chiesa, simbolo che esprime già l’unità della Chiesa in una sola fede, un solo Signore, un solo battesimo. Come ricorda Papa Francesco, «I Padri conciliari vollero iniziare quel Simbolo utilizzando per la prima volta l’espressione “Noi crediamo” a testimonianza che in quel “Noi” tutte le Chiese si ritrovavano in comunione, e tutti i cristiani professavano la medesima fede» e perciò, continua il Papa, l’anniversario del Concilio di Nicea «rappresenta anche un invito a tutte le Chiese e Comunità ecclesiali a procedere nel cammino verso l’unità visibile, a non stancarsi di cercare forme adeguate per corrispondere pienamente alla preghiera di Gesù: “Perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” ( Gv 17,21)». (Spes non confundit, 17). In modo significativo il Sussidio offerto per la preghiera alle comunità ecclesiali è stato preparato dalla Comunità di Bose che vive di fatto la sua esperienza monastica in chiave ecumenica e offre la sua testimonianza a servizio dell’unità dei cristiani e per il cammino di riconciliazione tra le Chiese. Diversamente dagli anni precedenti, il Sussidio è pensato non solo in vista delle celebrazioni durante l’Ottavario, ma propone cinque schemi di Liturgia della Parola da poter usare durante tutto il 2025 per poter riflettere e pregare in riferimento alle cinque parti del credo niceno. L’importanza di questo anniversario è non solo celebrativa, ma potrebbe rappresentare un punto di svolta nel cammino verso l’unità delle Chiese. Per singolare coincidenza, quest’anno la Pasqua sarà celebrata da tutte le Chiese il 20 aprile. Come ricorda Papa Francesco nella sua Bolla di indizione del Giubileo, «Al Concilio di Nicea si trattò anche della datazione della Pasqua. A tale riguardo, vi sono ancora oggi posizioni differenti, che impediscono di celebrare nello stesso giorno l’evento fondante della fede. Per una provvidenziale circostanza, ciò avverrà proprio nell’Anno 2025». Come aggiunge il Papa «molti, è bene ricordarlo, non hanno più cognizione delle diatribe del passato e non comprendono come possano sussistere divisioni a tale proposito». Il Papa si riferisce alla data della Pasqua, ma per tanti tutte le diatribe del passato che hanno provocato la rottura dell’unità dei cristiani sono incomprensibili se non addirittura impensabili. Questa potrebbe essere l’occasione per spazzare vie diatribe antiche e pregiudizi superati e far compiere un salto di qualità al cammino ecumenico.

LA CELEBRAZIONE ECUMENICA

Come ogni anno, la celebrazione ecumenica della nostra diocesi, in occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è stata celebrata a Scicli martedì 21 gennaio, insieme con la comunità Metodista, presso la sede della stessa comunità, con la partecipazione delle comunità parrocchiali di Scicli e di altri fedeli provenienti da altri vicariati della Diocesi e della comunità Valdese di Pachino. 

Il Direttore dell’Ufficio Diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo, don Ignazio La China, e la Pastora valdese della Comunità, Tesy Muller, si sono alternati nella presidenza della celebrazione e nella predicazione. La Pastora, nel commentare la risposta di Marta a Gesù, con la sua confessione nel Cristo che può dare la vita vincendo la stessa morte, ha evidenziato come i cristiani non possono non essere uniti, oggi più che mai, nell’annunciare l’evangelo della vita e della resurrezione davanti alle tante “morti” che oggi si presentano al nostro sguardo (guerre, soprusi di ogni genere…). Don Ignazio, rievocando l’impegno dei padri di Nicea nella formulazione del Credo e il loro intento, come scrisse allora un vescovo, di fare una dichiarazione “piscatorie, non aristotelice”, in cui si cogliesse l’annuncio del kerygma dei pescatori di Galilea chiamati ad essere pescatori di uomini. La celebrazione dei 1700 anni del simbolo niceno è allora una occasione da non perdere, per recuperare la dimensione confessante del Simbolo, specie nella Liturgia Eucaristica, come risposta di fede davanti al Cristo Crocifisso Risorto che interpella ogni credente e a cui si è chiamati a rispondere con Tommaso «Mio Signore e mio Dio. Una confessione di fede possibile nel grembo di una Chiesa unita e capace di supportare anche la debolezza di chi si trova a volte nella stessa condizione incredula di Tommaso. La preghiera dei cristiani e delle Chiese, per essere uniti nell’annuncio e nella testimonianza non può che essere quella della grazia di una fede autentica, seppur debole, con la richiesta che Gesù venga incontro alla debolezza di chi lo invoca «Signore, noi crediamo, ma tu aumenta la nostra fede».

La celebrazione è stata chiusa con la recita comune del Credo e del Padre nostro, recuperando il segno battesimale delle Candele accese, candele raccolte poi ad ardere insieme a significare la voglia di una testimonianza di fede in una chiesa unita e in comunione. 

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