LO SGUARDO DI PAPA FRANCESCO

Come avvertire in un attimo il senso del vuoto attorno a te e sentirti piccolo al centro della cattolicità. Ascoltare la voce del silenzio con l’animo trepidante e d’un tratto stare dinanzi al Successore di Pietro, colui che conferma tutti nella fede.

Lo sguardo limpido, semplice, penetrante e accogliente come il Suo cuore di Padre.

Quaranta minuti intensi in cui abbiamo dialogato serenamente e fraternamente. 

Fraternità, accoglienza, vita sacerdotale, vocazioni, dialogo, annuncio cristiano, comunione, migranti e cultura dell’incontro nel cuore del Mediterraneo: queste le tematiche oggetto della nostra riflessione. 

Papa Francesco ha chiesto della vita in Diocesi, della nostra terra, ultimo lembo dell’Italia e prima porta dell’Europa. Affascinato dalla testimonianza semplice dei nostri santi si è soffermato sul magistero di Giorgio La Pira definendolo “apostolo della pace”. 

Un Papa dal cuore rivolto alla grazia luminosa e alla forza straripante del Concilio Vaticano II. Il primo Papa ad essere stato ordinato sacerdote dopo il Concilio, e proprio perché ne è figlio, naturaliter et simpliciter, come figlio, lo incarna. 

Tutte le strade attualmente riaperte e battute con gesti e accenti nuovi da Papa Francesco, di essenziale importanza nel cammino presente e prossimo non solo della Chiesa, sono quelle che erano state indicate e tracciate dal Concilio Vaticano II nella direzione della povertà, della sinodalità, dell’unità dei cristiani, dell’impegno costante a favore del dialogo interreligioso e della pace, del rinnovamento e della missionarietà della Chiesa. 

Fuori da ogni discussione. Non v’è alcun dubbio che Papa Francesco abbia apportato una rivoluzione nella Chiesa di questo nuovo millennio. Da non pochi, il suo stile semplice e diretto, che inaugura una stagione del tutto nuova nell’immaginario popolare della figura del pontefice, è molto apprezzato. Non si tratta di una forma esteriore fine a se stessa, o peggio di una forma promozionale per catturare l’attenzione di molti, quanto piuttosto di una forma radicata nel vissuto evangelico, anche a livello personale. Un vissuto colmo di misericordia e di tenerezza, sulle orme di Gesù, Buon Samaritano. 

Quando parliamo di rivoluzione dobbiamo, perciò, intendere questo termine nel suo significato radicalmente evangelico piuttosto che politico o sociale, nel senso cioè di una maggiore penetrazione e di una maggiore intelligenza della fede a confronto con le sfide del nostro tempo. 

Il Papa intende richiamare tutta la Chiesa ad una evangelica apertura. Una Chiesa che, con premurosa attenzione, si fa amica e prossima di ogni vissuto umano se vuole obbedire alla voce dello Spirito. Ne è un esempio il modo con il quale il pontefice ha continuamente invitato a riflettere su alcune delle problematiche che più assillano il nostro tempo, come la famiglia, il matrimonio, il rispetto del creato e i giovani. Molti, a proposito di questo nuovo impulso impresso alla Chiesa da Papa Francesco, hanno parlato perciò di rivoluzione. In realtà, qui non si tratta di qualcosa di nuovo ma di quell’autentico dinamismo di rinnovamento nella tradizione che è tipico della Chiesa.

Papa Francesco richiama ad un nuovo dinamismo necessario per uscire dalle ferite di quella autoreferenzialità ecclesiale che molto spesso allontana la Chiesa dalla vita della gente e dalla concretezza del vissuto umano. Il Papa invita la Chiesa a mettersi in ascolto dello Spirito per stare accanto a questa umanità con la quale e nella quale ha vissuto il Figlio di Dio, per la quale ha offerto se stesso, e per la quale ha lasciato il suo Corpo che è la Chiesa stessa. 

Ci siamo lasciati con un “arrivederci”. Pietro è con noi sempre, lo ricordiamo a Messa e la sua parola sostiene e incoraggia coloro che, sulle strade del mondo dentro le ferite umane, hanno detto il loro sì a Cristo, conforto e consolazione di ogni viandante. Portando nel cuore la profondità di uno guardo!

di Mons. Salvatore Rumeo

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