E’ solo l’inizio

Dal primo discorso solenne di Trump al Congresso (il Senato e la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti) pronunciato lo scorso cinque marzo, è emersa, chiara, la percezione di trovarci di fronte al superamento del vecchio ordine mondiale e all’inizio di un nuovo mondo che stentiamo, ancora, a delineare. Anche perché, agli annunci fatti al Congresso, vanno aggiunte le continue esternazioni di Trump. Dinanzi all’alto consesso, il Presidente ha spaziato dai temi di politica interna a quelli internazionali, proiettandosi, perfino, sul sistema solare: “andremo – ha detto – anche su Marte!”. E, a conclusione dell’interminabile discorso, come per ammonire, ha esclamato: “E’ solo l’inizio!”. A significare che per quattro anni il mondo dovrà abituarsi o, se si preferisce, rassegnarsi allo stile comunicativo dell’uomo più influente del mondo: dice e non dice – “ho detto Zelensky un dittatore? – pensa una cosa e ne dice un’altra e, alla fine, ne fa un’altra ancora. Fra dichiarazioni attendibili e affermazioni enfatiche, se non addirittura, infondate, Trump ha parlato di tutto. Dai dazi all’immigrazione, dalla riduzione dei contributi alle istituzioni umanitarie alla lotta agli sprechi nella pubblica amministrazione, dalla pace in Ucraina ai rapporti con Putin, dalla crisi nel Medio Oriente ai rapporti con la Cina. Senza tacere, peraltro, sulle sue mire espansionistiche: “prenderemo, in un modo o nell’altro, la Groenlandia, Panama e il Canada”. Stiamo passando, come si vede, da un mondo fatto di regole a un altro in cui prevale la legge del più forte. Senza dire che questi annunci, molti dei quali avventati, stanno producendo, in questa prima fase, più allarmi che risultati. Le forze dell’ordine statunitensi, tanto per limitarci a qualche aspetto, trovano difficoltà a espellere i clandestini, mentre i mercati, le imprese e i Paesi colpiti reagiscono negativamente all’applicazione dei dazi. Su un altro fronte, cresce il malumore per i licenziamenti – taluni bloccati dai magistrati – previsti dalla riforma della pubblica amministrazione di Elon Musk, il braccio destro di Trump. Effetti ancora più gravi se si passa dagli affari interni alla politica estera. L’intenzione di Trump di ridurre gli impegni degli Stati Uniti al di là dell’Atlantico, potrebbe preludere alla fine del tempo delle alleanze strategiche (l’Alleanza Atlantica ad esempio) per lasciare il posto agli allineamenti provvisori. 

Gli Stati Uniti, cioè, in base alle mutevoli esigenze e convenienze, si allineerebbero una volta con l’Europa, un’altra con la Russia e un’altra, ancora, con la Cina. Convinto che “l’Europa unita è nata per fotterci”, Trump ha annunciato di volere chiudere “l’ombrello difensivo” agli alleati europei, accusati di “spendere troppo poco per la difesa”. Contemporaneamente, per dare una lezione all’”insolente” Zelensky, ha minacciato di sospendergli il sostegno militare e di trasferire all’Europa l’onere di difendere l’Ucraina. Da qui la decisione dell’Unione europea di impegnare 800 miliardi di euro per realizzare un piano, denominato “ReArm Europe” per un’Europa sicura e resiliente». E così, dopo 80 anni di convivenza pacifica e di alleanza con gli Stati uniti, l’Europa si è vista costretta, dall’oggi al domani, ad affiancare agli acronimi che parlano di crescita e di futuro – Next generation Eu, Fondi di coesione, PNRR e altre – quello – “ReArm Eu” – che parla di armi, difesa antiaerea, missili e droni. È ancora presto per affermare che gli Stati Uniti sono sul punto di abbandonare il nostro Continente, al contrario, vogliamo sperare che si tratti di una delle tante battute utilizzate da Trump per “spaventare” gli interlocutori. Anche perché, se è vero che gli Stati Uniti hanno investito molto in Europa, è altrettanto vero che dall’Europa hanno avuto, sotto ogni punto di vista, tanto, se non di più. L’avvento di Trump è stato da molti salutato con entusiasmo per la sua promessa di porre fine subito alle guerre. Ora è il momento favorevole per passare dalle promesse ai fatti. Lo sguardo di tutto il mondo è proteso verso quei tavoli dove si tengono i colloqui, iniziati a Gedda, per far tacere le armi in Ucraina. A Trump, a Putin e a tutti gli uomini di buona volontà è richiesto il massimo di impegno per giungere a una pace vera, giusta e duratura. 

di Pino Malandrino

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