RESISTERE O RAGIONARE

La bocciatura della manovra da parte della commissione europea non ha sorpreso nessuno, neppure gli esponenti del governo. La decisione era nell’aria e sono in molti a sostenere che le due “torri” del governo, Salvini e Di Maio, se la siano andata a cercare. Avere tutti contro, dicono, significa che stiamo operando bene. Il fatto che la commissione abbia preso proprio nei confronti dell’Italia per la prima volta una decisione così grave, viene considerato addirittura un primato di cui vantarsi. Di norma la Commissione esprime un primo parere circa l’aderenza delle manovre dei vari paesi europei agli impegni presi sul fronte dei vincoli di finanza pubblica, entro il 30 novembre. Ora il governo ha tre settimane per resistere sulle sue posizioni o per assumere un atteggiamento più ragionevole. Il cammino di questo governo, va riconosciuto, non è dei più agevoli. È costretto a far fronte ad attacchi e ad insidie che gli arrivano da ogni parte, dall’esterno, ma anche dall’interno. L’episodio di una possibile manipolazione del verbale del Consiglio dei Ministri denunciato dal leader dei Cinquestelle, Di Maio, è il segnale delle forti contrapposizioni fra Lega e Cinquestelle. D’altra parte i due partiti, avversari durante le elezioni, hanno programmi e motivazioni diverse, frutto della loro storia e degli elettorati di riferimento: l’Italia produttiva del nord, per la Lega; le tante situazioni di disagio del meridione, per i Cinque stelle. Esigenze superate – “turandosi il naso” – pur di conquistare il potere. Anche perché né la Lega, né i 5S hanno, da soli, vinto le elezioni. Per governare hanno dovuto sommare i rispettivi voti, imponendo anche i rispettivi programmi. Cosicché il governo deve sostenere non uno, ma due programmi. Con tutte le conseguenze – incompatibilità, sforamento dei bilanci – che hanno portato alla bocciatura della manovra. Governare non è un’impresa facile. Per nessuno. È più facile fare opposizione. Ogni governo nel passato, come nel presente, ha dovuto e deve fare i conti con problemi atavici. A fronte di tanti fattori di successo ci sono problemi che minano la stessa struttura del Paese. Un debito stratosferico, un’economia a due velocità, elevata al nord, lenta al sud; oltre cinque milioni di poveri; la più alta percentuale di giovani disoccupati in Europa. Per non parlare delle tante carenze in tutti i settori, dalla macchina amministrativa alla giustizia, dalla scuola alla sanità. Governare in queste condizioni è quasi impossibile. Ogni tentativo deve essere ispirato a competenza, saggezza, coraggio, umiltà e lungimiranza. Con la consapevolezza che non si governa solo per risolvere i problemi contingenti, ma per costruire il Paese del domani. Una celebre frase attribuita a De Gasperi dice che: “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione”. Molte esperienze del passato, come quella del governo attuale, vanno nella direzione opposta. A determinare le scelte del governo non sono, infatti, i sani principi della politica, ma l’asticella del consenso popolare. Ebbene, anche a costo di sfasciare i conti pubblici, si costruisce una manovra che contiene tutto quello promesso al popolo: pensioni anticipate, reddito di cittadinanza, condono per le tasse non pagate, riduzione delle tasse e altre ancora.  Con l’aggravante che, poiché le vuole il popolo, nessuno può censurarle. Così, incuranti dei danni che arrecano al Paese, indirizzano invettive – “ne uccide più la lingua che la spada” – contro coloro che esprimono, a vario titolo, osservazioni nei confronti della manovra del governo. Per Di Maio e Salvini, i pareri dei tecnici di Bruxelles, come quelli delle agenzie di rating (le società che valutano la solidità e la solvibilità di un Paese), quelli dei tecnici dei ministeri, degli economisti e degli opinionisti, costituiscono un’ingerenza indebita e, pertanto, da rigettare. Chi vuole sostenere tesi contrarie a quelle del governo, affermano, si dimetta dal proprio incarico e si faccia eleggere dai cittadini. Tradendo un vizio tutto italico – il vittimismo – si ingenera così il sospetto che nei confronti del nostro Paese vi sia una sorta di congiura per minare all’origine il tentativo “giallo-verde” di cambiare l’Italia.  Non è un male che si combatta la povertà, l’errore sta nel non eliminarne le cause, con investimenti capaci di creare occasioni di crescita economica e quindi di lavoro. Con la conseguenza di lasciare il sud in uno stato di permanente dipendenza. Il resto è tutta propaganda.

di Pino Malandrino

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