di Ignazio Petriglieri
Il 13 novembre scorso, presso la Chiesa Madre di Rosolini, è stata presentata la seconda Lettera Pastorale di Mons. Rumeo. Il titolo – “Genesi d’amore” – è in sé programmatico perché ci riporta agli inizi e al cuore del cristianesimo. “Genesi” richiama l’origine, mentre “amore” rimanda all’essenza. Al di là degli argomenti, che sono commentati nelle pagine di questo numero, a noi interessa mettere in evidenza il senso del documento, soprattutto in un periodo in cui gli stimoli mediatici ci hanno fatto perdere il valore del genere epistolare. Ci domandiamo: perché un vescovo invia ai cristiani della sua circoscrizione una Lettera? Sappiamo quanto sia antica questa consuetudine. Mentre fino al concilio di Trento, mediante interventi mirati, vescovi e papi comunicavano provvedimenti canonici o precisazioni dottrinali, dopo, con l’obbligo di risiedere nelle diocesi, si impose la necessità, da parte dei vescovi, di diramare decreti e indicazioni di natura liturgica, giuridica e pastorale. Questa prassi divenne sempre più frequente, tanto che, col tempo, ogni diocesi poté disporre di un proprio magistero locale. Il fine primario della nuova Lettera di Mons. Rumeo è l’invito apostolico a fare un ulteriore passo nel nostro cammino di conversione. Considerato che il compito primario del vescovo è l’annuncio del Vangelo, con le provocazioni in essa contenute, ci viene proposto di concentrarci quest’anno su un tema specifico: il ritorno a Gerusalemme. Alla stregua dei discepoli di Emmaus, che, dopo aver incontrato il Risorto “fecero ritorno a Gerusalemme” per narrare ciò di cui erano stati testimoni, anche noi siamo chiamati a percorrere idealmente la stessa strada con lo stesso fine. Incontro e racconto sono, pertanto, i cardini di questo nuovo documento. Come nella prima Lettera Pastorale – “Giardino di misericordia” – era stato tracciato il cammino “sulla strada di Emmaus”, ora “il ritorno al Vangelo Gerusalemme” ci immette nella via dei testimoni.